I re del ndombolo
Il ballo che da Kinshasa ha conquistato le metropoli africane ed europee
| Pierre Sow, «Jeune Afrique», 4 maggio 1998 |
Li chiamano chégué: orfani o semplicemente figli della strada, senza fissa dimora in una città di cui hanno invaso i marciapiedi. Li si incontra maggiormente in Place de la Victoire, a Matonge, uno dei quartieri più caldi di Kinshasa-la-Belle [soprannome di Kinshasa]. Ma tra i loro “territori” ci sono anche il mercato grande, la stazione centrale e la rotonda di Kimpwanza, vicino al Palazzo del Popolo. Lustrascarpe, venditori abusivi di noce di cola, noccioline americane, sigarette o uova, questi ragazzini hanno anche la cattiva reputazione di essere dei borsaioli. Costretti a piegarsi alla dura legge della sopravvivenza che i congolesi solo soliti chiamare “articolo 15” (il quindicesimo articolo di una Costituzione che ne contemplava solo quattordici), e quindi a sbrogliarsela per racimolare un pasto, setacciano, alla fine della giornata e fino a tarda notte, i dintorni dei piano-bar e dei nganda [luoghi di ritrovo], e per alleviare la tristezza trasformano l’asfalto in pista da ballo.
Nel 1997 questi ragazzi seguono con stupore l’epopea vittoriosa delle truppe dell’Alleanza delle forze democratiche per la liberazione del Congo-Zaire (Afdl) e assistono all’entrata trionfale nella capitale di Laurent-Desiré Kabila, il vincitore di Mobutu. Un dettaglio li colpisce particolarmente: l’andatura pesante e goffa del capo dell’Afdl. Il suo modo di camminare ricorda i movimenti di uno zoppo. Gli chégué ne traggono l’ispirazione per un nuovo passo di danza. È in questo modo che sarebbe nato il ndombolo.
A volte, questo ballo è anche detto “la danza dei cobra”, con allusione ai miliziani di Denis Sassou-Nguesso, vincitori sugli uomini di Pascal Lissouba. A torto. Koffi Olomidé, che è considerato il “re del ndombolo”, deve questo titolo soprattutto al fatto di avere reso popolare il nuovo ritmo con la sua orchestra Quartier Latin e le sue affascinanti ballerine. La decisione delle autorità di Kinshasa di censurare il suo ultimo album, Loi, per offesa al “buon costume”, ha avuto l’effetto di rafforzare l’opinione corrente che indicava in Tchatcho (pseudonimo di Koffi Olomidé) l’inventore del ndombolo.
In realtà, al di là dei guai che pendono sul musicista – che non sembra proprio essere in odore di santità presso il nuovo regime congolese – la questione della paternità del ndombolo non è mai stata più che una tempesta in un bicchier d’acqua. Molte altre orchestre e gruppi di Kinshasa – Wenge Musica di J.P. Mpiama, Big Stars di Defao, Empire Bakuba dell’imponente Pépé Kallé – si sono date al ndombolo. Così come l’Extra Musica di Brazzaville. Ma dall’inizio d’aprile si parla anche della comparsa di un nuovo ballo: il kotcho kotcho, il cui promotore è Zaïko Langa Langa.
La febbre ha raggiunto l’Europa
Aspettando che prenda piede la febbre del kotcho kotcho, quella del ndombolo ha già conquistato le grandi metropoli africane e anche europee. A Libreville, in Gabon, nei locali alla moda del lungomare o nelle balere del quartiere Rio, gli chégué hanno da un anno parecchi imitatori. A Johannesburg, in particolare nel quartiere di Bellevue, dove gli immigrati congolesi gestiscono dei dancing dai nomi assai evocativi come il Kin Malebo, le serate sono ritmate fino a tarda notte dai movimenti del ndombolo.
Al mercato di Château-Rouge, a Parigi, o alla galleria d’Ixelles a Bruxelles, i melomani si contendono le videocassette – originali o pirata – e imparano in privato i movimenti delle gambe e delle anche eseguiti dalle “ragazze di Koffi”. Nel caso il corso su videocassetta si rivelasse troppo difficile, è sufficiente, semplificando, piegare un po’ le ginocchia, imitare l’andatura di un’anatra zoppa e improvvisare liberamente con movimenti delle spalle, delle mani, della testa e delle anche.
Il ndombolo è apparso nella stessa maniera di tutti i balli che hanno contrassegnato la storia della musica congolese moderna. Si prenda, per esempio, il ngouabin, apparso da un giorno all’altro nel Congo-Brazzaville. Questo neologismo, derivato dal nome di Marien Ngouabi, designa un ballo creato dai piccoli abitanti della capitale imitando i passi di danza eseguiti dall’ex capo di Stato durante un banchetto ufficiale. Sono giustamente i figli della strada, gli ngembo appoggiati contro i muri dei bar, ad essere spesso i creatori dei nuovi balli.
Lontano da riferimenti politici, il “ballo del boucher (macellaio)”, che diventerà in seguito semplicemente noto come il boucher, è un modo di imitare i gesti ripetivi del macellaio (va da un cliente all’altro, si ferma, indietreggia, va verso il banco per tagliare la carne, torna dal cliente per porgergli l’involto e prendere i soldi). Gli sportivi venuti a Brazzaville nel luglio 1965 per partecipare ai Giochi africani ebbero modo di apprendere questo nuovo passo di danza, al quale avrebbero poi fatto seguito il soukouss e il kiri-kiri. Più di recente è stata la volta del kwassa-kwassa, la cui paternità è attribuita a Empire Bakuba, mentre l’inventore è un certo Jean Nora, ora riconvertitosi all’attività di taximan. Lui e il suo gruppo di ballerini sono partiti da un’idea semplicissima: scomporre i gesti della mano di un conducente d’auto sulla leva del cambio.
Altri promotori di nuovi balli, molto ben conosciuti dagli abitanti di Kinshasa, sono quegli ambianceur[1] che passano per i migliori ballerini della città e che, da autentici professionisti, si incaricano di lanciare i balli come altrove si pubblicizzano nuovi detersivi.
La rumba congolese
I musicisti sanno anche attingere ai balli tradizionali. Come esempio di passo di danza improntato al folklore locale si può citare il mutsatshi, della cantante Tshala Muana, o il mokognogno, creato da Papa Wemba con il suo gruppo Viva la Musica. Il Ndzara Egonza di Chairman Koyo non è altro che una versione accelerata dell’olé, una danza tradizionale della regione degli altopiani nel Congo-Brazzaville.
L’abbondanza di orchestre e di balli sulle due rive del fiume Congo è rivelatrice della forza di una musica che ha conquistato l’intero continente. In sé e per sé, comunque, la musica congolese non è cambiata molto negli ultimi decenni. La rumba congolese non cambia. È sempre costruita nello stesso modo: l’inizio è generalmente lento; poi, in una seconda fase, detta “riscaldamento”, i cantanti si fanno da parte per lasciare spazio ai musicisti e in particolare al solista che, con la sua chitarra, per una decina di minuti esegue dei lunghi riff, per la felicità dei ballerini.
Se i critici la trovano monotona, ammettono anche che la musica congolese non ha smesso di aprirsi ad altre influenze, senza tuttavia mai rinnegare totalmente se stessa. La sua forza dipende dal radicamento nella cultura congolese di cui si è nutrita nel corso degli anni. La corrente “giovane”, il cui capofila da una ventina di anni è il gruppo Zaïko Langa Langa, per quanto sensibile agli altri ritmi venuti da fuori, non ha mai demolito l’edificio accuratamente allestito dalla vecchia guardia.
Si direbbe, addirittura, che la rumba meno cambia e più migliora. Questo spiega forse perché l’high life nel Ghana, lo zigblity di Ernest Djédjé in Costa d’Avorio, il makossa o il bend sikin in Camerun, il ventilateur in Senegal non hanno mai spodestato la vecchia rumba congolese. E perché i balli che l’accompagnano hanno successo in tutto il mondo.#
[1] L’ambianceur è colui che crea l’atmosfera, che anima la vita notturna.
Nota: traduzione di Nazzareno Mataldi, uscita sul settimanale «Internazionale», n. 234, 29 maggio 1998, con il titolo I nuovi re di Kinshasa. La foto in alto è tratta da questo video su YouTube.